Io non so parlar d’amore, l’emozione non ha voce.
E mi manca un po’ il respiro…
Voglio iniziare con le parole del testo di Celentano questo articolo dedicato a una delle esperienze più belle che mi siano mai capitate.
Ci ho messo tanto, tantissimo a buttare giù queste parole; ogni giorno passato da quel 13 luglio mi dicevo “oggi è il giorno giusto per scrivere il pezzo”, poi qualcosa me lo impediva.
Se ci sei, c’è troppa luce…
Era il timore di non riuscire a raccontarvi quanto quella giornata con Mac Cosmetics all’Arena di Verona sia stata emozionante, quanto sia stata piena, bella, indimenticabile.
Avevo paura di non trovare le parole.
La mia anima si spande,
come musica d’estate…
Le parole infatti non bastano per descrivere quell’emozione unica, quel sogno che si è avverato.
Forse, non tutti sanno che ho studiato recitazione e che appena finita l’università mi sono trasferita a Roma con una valigia piena di speranze e la voglia di entrare nel magico mondo del cinema.
La vita poi mi ha spinta verso altre destinazioni ma dentro di me è rimasta una piccola attrice alla quale si illuminano gli occhi ogni volta che varca la soglia di camerini e backstage.
Quando mi è stato chiesto se mi sarebbe piaciuto poter partecipare come comparsa in un’opera lirica all’Arena di Verona ho dovuto farmi ripetere la domanda perché credevo di non aver capito bene ma ho risposto subito sì, senza nessun dubbio, senza nessuna remora.
Le remore sono venute dopo, a ridosso dello spettacolo, quando la me insicura ha iniziato a farsi venire le paranoie e a domandarsi se sarei stata all’altezza.
L’Arena è un palco che mette soggezione, è un palco che viene calcato da grandi artisti, è una magia che ancora oggi si compie e mette in scena opere immortali.Grazie a Mac Cosmetics, partner della fondazione Arena e make-up ufficiale del festival lirico, sono potuta entrare in Arena dal varco degli artisti, conoscere chi da anni si occupa di portare avanti il festival e ho imparato cose che prima ignoravo completamente.
Sapete che in Arena non esistono la destra e la sinistra ma si capisce dove si è posizionati e la propria entrata in relazione al punto di osservazione?
(Guardando il palco, il lato sinistro è chiamato San Nicolò perché è il lato dove sorge la Chiesa di San Nicolò mentre il lato destro è chiamato Municipio perché è da quel lato che è posizionata la sede del comune di Verona)
Varcata la soglia si parla in gergo. Mi mostrano i cameroni, le attrezzerie, mi presentano le sarte e mi perdo con lo sguardo ad ammirare le scenografie posizionate lungo i corridoi. Sbirciando fugacemente per non disturbare gli artigiani al lavoro nelle loro stanze, mi stupisco di come ogni piccolo ingranaggio sia utile alla buona riuscita di uno spettacolo come quello della Madama Butterfly.Sì, in tutto ciò mi sono dimenticata di dirvi una delle cose principali!
Il 13 luglio, in Arena andava in scena Madama Butterfly, tragedia in 3 atti di Giacomo Puccini con gli allestimenti di Franco Zeffirelli ed io ero lì per partecipare ed essere parte attiva, non la spettatrice che sono stata altre volte.
Per far parte della magia però dovevo calarmi perfettamente nel ruolo che mi era stato assegnato, quello della geisha.
Entro nel camerino dove si truccano e si parruccano le comparse e inizia la trasformazione.
Ho la fortuna di farmi truccare da Michele Magnani, global senior make-up artist di Mac che, insieme alla regia e alla produzione, ha pensato e creato il make-up delle opere.
Sulla mia sinistra tutti gli strumenti del mestiere: primer, basi, ombretti, mascara, fissatori, rossetti e tantissimi pennelli. Sulla mia destra una serie di parrucche, una più bella dell’altra.
Mi siedo e lascio Michele lavorare sulla sua tela.Ripasso la storia di Madama Butterfly* e ogni volta che mi guardo allo specchio il make-up è sempre più completo e perfetto. Mi viene naturale iniziare a muovermi con movimenti piccoli e aggraziati, mi sento un’altra.
Terminato il trucco mi sistemano la parrucca, trovano il vestito per me e ho giusto il tempo per scambiare quattro chiacchiere con il responsabile della regia, Stefano Trespidi, che mi da le ultime indicazioni e mi affida a Greyss, una giovane invitata al matrimonio di Madama Butterfly e a due giovani marinai americani agli ordini di Pinkerton.
Ormai siamo tutti vestiti e truccati a seconda del nostro personaggio, ognuno ha il proprio compito e siamo pronti per andare in scena.
I ritmi si fanno più serrati, è quasi arrivata l’ora.
Non faccio in tempo a capire che l’Arena si è riempita e il sole sta calando che mi consegnano un ombrellino in carta di riso e faccio la mia entrata.È tutto così strano per me, mi sento sospesa e incredula. Voglio fare bene, non voglio inciampare o rovinare qualcosa, per fortuna tutto fila liscio.
Passeggio, interagisco con le altre comparse, mi guardo attorno e lancio anche qualche occhiata verso la platea. Sedute in arena ci sono circa 10.000 persone, non ci voglio pensare.
Mi godo i passaggi, cerco di divertirmi, di annussare l’atmosfera che si respira, di memorizzare quei momenti.
Quando mi fermo per assistere al matrimonio mi viene spontaneo intonare le arie insieme ai cantanti, mi sento parte anch’io dell’opera.
La magia si è compiuta.* Madama Butterfly (dal giapponese Cho Cho-san), giovanissima, si invaghisce di un ufficiale della marina americana, Pinkerton. È l’inizio del XX secolo in Giappone e i due si sposano secondo le usanze locali.
Pinkerton poco dopo riparte per l’America abbandonando la giovane sposa che, innamorata, continua a dimostrare un’incrollabile fiducia nel marito e nel suo ritorno.
Pikerton tuttavia si risposa ufficialmente in America e fa ritorno in Giappone solo 3 anni dopo con l’intenzione di prendere il figlio nato dall’unione con Cho Cho-san per crescerlo in occidente. Madama Buttefly solo in quel momento, vedendo la moglie americana di Pinkerton, si rende conto della reale situazione e, disillusa, decide di suicidarsi.
Foto di Fabio Boraso – Verona.
Un ringraziamento speciale a Romina Ripepi e Cecilia Cavagna per aver reso possibile e stupendo tutto ciò.
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